[Racconto] L'uomo che non fece in tempo.

Panni stesi
Un piccolo racconto d’amore, dai, giuro che è l’ultimo.
 
Uno scrittore – che poi avesse pubblicato due soli romanzi è cosa di poco conto: nell’ambiente era tenuto in buona considerazione -, nel 1957 trovò su Il Mattino un annuncio che lo colpì particolarmente.
Era nelle comunicazioni personali, più o meno a mezza pagina; era abituato a scorrerle dopo aver letto il suo, di articolo, e quelli dei colleghi, e appena prima dello sport, mentre beveva il suo caffè; e spesso ridendo aspramente della natura umana.
Ma quello, scritto in caratteri minuti, era un annuncio personale in senso stretto: aveva la precisa impressione che fosse stato scritto per lui.
Diceva:
***
AAA Cercasi uomo intelligente ma indeciso sulla misura reale della sua intelligenza – e se l’intelligenza sia misurabile con un aggettivo, “intelligente”, che vuol dire poco o niente. 
Appuntamento alle ore 8.45 di sabato 25 maggio presso il bar La Commedia di via D’Aquino. 
Mi paleserò solo se presentate i requisiti.
***
Furono vari gli aspetti che colpirono lo scrittore. Non ultima, la forma – così stranamente articolata per un annuncio. Poi, che fosse esattamente quella la sua idea di intelligenza, che spesso spiegava agli amici con cui si recava all’appartamento di un amico a discutere dei libri appena usciti, o coi quali fumava sigarette su sigarette aspettando la prima proiezione disponibile.
E infine, il fatto che l’avesse poi letto nello stesso bar di cui l’annuncio parlava. Si guardò intorno; chi avrebbe potuto, degli avventori presenti in quel momento, scrivere quel messaggio? Lei? Lei – no, lei no: non ne aveva i requisiti… -? Oppure lei?
Decise di andare.
La mattina del 25 fece la sua consueta doccia breve, si passò due volte il rasoio sul viso finché la pelle delle guance non fu perfettamente liscia, si spruzzò di acqua di colonia, e alle 8.42 entrò nel bar. Era invaso di persone.
Trovò, già sconfortato, un angolo al bancone, accanto a quello in cui due tizi discutevano. Come avrebbe potuto, lei, riconoscerlo in quel bailamme?
E poi si mise a pensare: Ma perché io, che sono di quel tipo di intelligenza lì, quel tipo di intelligenza che si accorge che questa forma di blandizie non era volta altro che a smascherare il mio ego, sono entrato in questo locale anziché uscire e inseguire una persona che peraltro non conosco? Non sono questi altre che mille proiezioni di questo mio ego, quello spocchioso, quello troppo sicuro di sé, quello con la macchina sportiva, quello anche più insicuro di me, se vogliamo, ma che porta la propria insicurezza in giro come se fosse un soprabito nuovo?
E decise di uscire.
Fu lì che lei lo fermò.
 
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