Riscrivere è un atto d'umiltà

"Three Fruits Stack Up On Table" by Naoko Kakuta
Riscrivere è un atto d’umiltà; rileggersi, un atto d’orrore.

Rileggersi è una cosa meravigliosa.
Tutte le volte, se ci si rilegge nel tempo, ci si accorge delle proprie pochezze.

Stamattina mi è capitato tra le mani un manoscritto che stavo preparando qualche anno fa. È del 2019, conosco le condizioni in cui l’ho scritto; l’ho ripreso nel 2020, conosco anche quelle, di condizioni. Aprendo vecchi file ti accorgi non solo di quello che hai scritto loro dentro, ma anche intorno; dell’atmosfera che avevano le tue giornate, dei pacchi di Deliveroo. Quando ho riscritto questo, era l’aprile del 2020. Mi ero fatto male al braccio, al pronto soccorso mi avevano riempito di antidolorifico e detto: Se ne scappi a casa e non torni. C’era un uomo intubato, vicino a me, e sperai che fosse intubato per altro. A volte, queste sono le condizioni in cui scrivi. Leggendo il file mi sono accorto di quanti appendiabiti avevo lasciati vuoti, per paura che fossero troppo o troppo poco; per la voglia di stupire, di farmi amare.

Stamattina leggevo della polemica Tamaro vs. Verga. Non ho sentito parlare la Tamaro, e quindi può anche darsi che scherzasse relativamente al suo libro. Per quanto riguarda il resto, dirò solo che mi interessa più leggere – anche Verga, certo -, e rileggermi. Meglio sprofondare nella propria pochezza che occuparsi di polemiche poche.

Comunque. Questo è il testo che ho letto, da un libro che non sarà mai pubblicato – non per altro: le sue parti mi servono altrove – che si sarebbe dovuto chiamare La regola del gioco.

Andai al frigo; mangiai una sottiletta Tigre.
È un’operazione di cucina abbastanza semplice, ma che richiede anche attenzioni: mi era successo alcune volte, per dire, di aprire la microconfezione di plastica dal verso sbagliato, non seguendo la linea rossa, oppure di lasciare inavvertitamente un lembo di plastica – pratica però meno fastidiosa di quando la sottiletta si impiglia nella plastica e ti resta un quadrato monco.
Fu allora che stilai la ricetta dell’apertura delle sottilette Tigre.
INGREDIENTI.
Una sottiletta Tigre ancora incartata.
PREPARAZIONE.
Scartare la sottiletta prestando particolare attenzione a farlo dal lato della patella per evitare la rottura della plastica o l’asportazione dei lembi della sottiletta da parte della plastica stessa. Buttare la plastica. Mangiare.
Tornai in camera; mi buttai sul letto. Decisi che le avrei scritto non appena mi avesse scritto lei; non prima.

A rileggerlo stamattina, pensavo: che tenerezza.

Il brutto è che ora lo riscriverò, ma so che tra un anno dirò: Che tenerezza, e tra due anche, e tra cinque anche.

Il bello è che quando ti leggi nel passato, puoi dire di te: Che tenerezza.

Andai al frigo. Di tutto il cibo che ci avevo messo l'ultima volta che ero andato a fare la spesa, l'unica cosa che avessi ancora voglia di mangiare era una sottiletta Tigre.
Prepararla è un’operazione abbastanza semplice, ma che richiede attenzione: nel passato mi era successo alcune volte di aprire la confezione di plastica dal verso sbagliato, non seguendo la linea rossa, oppure di lasciare inavvertitamente attaccato al formaggio, forse perché della stessa consistenza, un lembo di plastica - e mangiarmelo.
Trovavo ancora più fastidioso, però, ciò che accadeva le volte che la sottiletta si impiglia nella plastica, e vedi imprigionato nel bordo un ultimo triangolo edibile.
Fu lì che stilai la ricetta delle sottilette Tigre.
INGREDIENTI.
Una sottiletta Tigre ancora incartata.
PREPARAZIONE.
Scartare la sottiletta prestando particolare attenzione a farlo dal lato della patella, per evitare la rottura della plastica o l’asportazione dei lembi della sottiletta da parte della plastica stessa. Buttare la plastica, possibilmente nella plastica. Mangiare.
Tornai in camera; mi buttai sul letto. Non c'erano messaggi degni di nota sul telefono. Decisi che le avrei scritto non appena mi avesse scritto lei; non prima.

Mi sembra meglio. Ora vado in palestra, farò le spalle e correrò dieci chilometri. Poi oggi tornerò, rileggerò questo post e – ne sono sicuro – correggerò pensando: Che tenerezza. Perché se in palestra guardi con tenerezza ai pesi di ieri, vuol dire che stai crescendo.

Ma poi vale anche fuori.

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1 commento su “Riscrivere è un bagno d’umiltà”

  1. Quando hai detto: resta un quadrato monco ho visto il triangolino solo all’angolo e mi ha fatto tenerezza, e ho lavorato di testa e mi sono chiesta perché non lo vede? Poi scrivi di triangolo e di tenerezza…. E l’insieme si ricompone. E tutto è magnifico e commovente.

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