Tu voli con me. Ricordo di Lucio Dalla

dalla

Disegno realistico a matita, “Moment of Truth” [Lucio Dalla], realizzato da Federico Marte nel 2019.

Il compito dei grandi artisti, secondo me, è di insegnarci le cose della vita che ancora non sappiamo.

 

Picasso ci ha insegnato lo sguardo sul piccolo, Majakovskij ci ha insegnato a sentire il rombo, Katherine Mansfield il dolore. Pino Daniele era uno sguardo sulla napoletanità intrinseca a noi, anche nella nostalgia; e Lucio Dalla ci ha insegnato quanto lancinante può essere l’amore.

In casa mia girava un disco; era “Lucio Dalla”, lo facevo andare ogni tanto sul giradischi che stava sul soppalco, insieme ai Boney M., a Nicola Di Bari, Renato Zero. Papà mi diceva di pulire il disco con la spugnetta, e di prenderlo ai bordi. Sono i piccoli gesti che vengono dal passato, come chiudere la moka, mettere i punti nell’agganciatrice, cose piccole così. 

Non mi sono mai piaciuti gli standard, in generale; e quindi non mi piaceva Caro amico ti scrivo, troppo facile, né Cosa sarà – che invece adesso adoro.

Mi colpivano invece gli inattesi reali, e le delicatezze estreme. Per dire: quando nel concerto con De Gregori, a termine di una intro con Addio mia bella Napoli, parte il clarinetto che introduce Ma come fanno i marinai: ecco, lì forse è facile, ma mi commuovo sempre. Anche ora, che sono a casa e non sto bene, ho la pelle d’oca. 

Mi stupisce, ogni volta che l’ascolto, pensare al fatto che dà vita e valore alle piccole cose.

Agli insetti: parla di mosche (in Com’è profondo il mare) e di zanzare (appunto in Ma come fanno i marinai); e ecco, ho un po’ studiato in giro, e gli insetti ce li dimentichiamo sempre. Non sono ragni, ma se ci pensi, il verso di De Andrè “Il regno dei ragni cucirebbe la pelle” è un verso meraviglioso. (Che poi mò scopro che non è suo; ma è bellissimo uguale).

All’intorno: canzoni capolavoro come Stella di mare, come Balla balla ballerino, che cita il treno Palermo-Francoforte, o il cane Liuk, o ancora Anna e Marco – un altro standard, sentito mille volte e ormai trascolorato; ma la checca che fa il tifo, che immagine… 

“Ah, io sarei lo stronzo che guarda troppo la televisione”.

All’amore. Dalla racchiude l’amore in piccoli gesti, in momenti, in capelli. 

Quanto lancinante può essere l’amore. Mi son chiesto mille volte perché cantasse l’amore tra uomo e donna, che non era il suo; come si sentisse quando, per motivi che non so – commerciali? d’immagine, di sentire? – scegliesse un amore che non era il suo.

Ci manca, Dalla. Il suo stile, la sua lentezza, e quell’aria scanzonata ma severa che avevano gli uomini d’allora. Un mondo, quello bolognese, intorno al quale è gravitata la poesia del sentire.

L’ho visto una volta sola, in concerto, alla Festa dell’Unità. Mi ci portò papà, che mi tenne sulle spalle per tutto il concerto; così come mi tenne sulle spalle a vedere Berlinguer a Reggio Emilia; così come mi tenne in braccio quel giorno, sulla spiaggia, che mi fece capire cosa vuol dire esser figlio di padre – e ancora oggi ci provo, a esser padre, pure se non sono capace.

Ne ho sentito l’anima esattamente quattro anni fa, di Dalla, quando sono andato a Roma a vedere De Gregori; e quello l’ha cantato in un paio di canzoni.

Ecco.

Questa è la mia playlist delle dieci canzoni preferite. Non sono un giornalista musicale, ma è Lucio Dalla, che è il cuore; e quindi, chi se ne frega.

1. Stella di mare.
2. Ma come fanno i marinai.
3. Quale allegria.
4. Com'è profondo il mare.
5. Balla balla ballerino.
6. Soli io e te.
7. Luk.
8. Cosa sarà.
9. Cara.
10. Le rondini.

Potrei scrivere il perché di ognuna, ma richiederebbe competenze musicali che non ho.

Poi ci sono anche competenze testuali, che ho; tipo, Balla balla ballerino, mi fa impazzire l’ingresso della voce parlante, apparentemente neutra, in campo: “Io ti vengo a guardare”.

Oppure, in Com’è profondo il mare, posto che: tutto, il fischio, l’incipit Siamo noi, il verso Siamo cattivi pensieri; e la richiesta di aiuto al padre.

L’altro giorno scrivevo che ci manca Alberto Sordi, che è un’altra generazione rispetto a Dalla.

Forse, penso, ci manca il Novecento, in questo Duemila.

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5 commenti su “Tu voli con me. Ricordo di Lucio Dalla”

  1. Al posto del Lorem ipsum ci metto Guccini, De André e Bertoli, più recentemente Elisa, Ferro e Mengoni. Del dolore e dell’amore ne parlo in altro luogo…

  2. Bello, Ivano. Mi fai venire voglia di ascoltare qualcosa che non mi appartiene, che non mi è mai appartenuto, come la musica italiana. E forse è arrivato il tempo. Arriva sempre, il tempo. Se farai mai una residenza sull’Etna potremmo andare tutti assieme a visitare i dintorni di dove Dalla e Battiato avevano le loro case, e da lì chissà che discussioni e musica e pensieri e pagine e scrittura…

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