Storia di una cintura

cintura

Questa non è una cintura.

Lo sembra, ma non lo è: questa è una storia.

Questa cintura mi è stata regalata da Eliana quando la cintura precedente, di cuoio marrone, era sfatta.

Questa cintura, allora, non mi andava. Dovevo mettere l’ultimo buco e trattenere il fiato per chiuderla.

Era maggio 2022; pesavo 116.5 kg.

Oggi questa cintura non mi va più bene. Non riesco a chiuderla all’ultimo buco; ma dall’altra parte.

Stamattina il peso segnava 99.5 kg.

In mezzo pare ci siano 17 kg, ma c’è molto di più.

C’è il giorno in cui qualcuno mi ha detto: “Se devi imparare qualcosa, affidati a un maestro”.

E l’ho fatto. Un giorno di settembre, a peso un po’ calato, ho scritto a Emanuele Ricotti, professionista IFBB, e gli ho chiesto: Mi dai una mano?

Il resto è stato solo lavoro. In palestra il giorno della vigilia di Natale, in palestra la mattina alle 7 perché dovevo andare a Bergamo. Tapis roulant in velocità 6.5 km/h e pendenza 10, per smaltire calorie. Passi e poi passi e poi passi.

Abbiamo finito? No. Abbiamo, entrambi, altri obiettivi in testa.

Il mio è stato progressivo. Inizialmente, smettere di avere il fiatone quando salivo le scale.

Poi, smettere di avere il fiatone quando camminavo per un chilometro.

Poi ha escalato. Smettere di vergognarmi: passavo ore a tirare indietro la pancia, per paura che la gente potesse notarmi.

Quella non è forma fisica: quella è la testa.

Ieri sera ero così. 

La maglietta, non la vedete bene, è la maglietta della nostra scuola di scrittura. C’è scritto Loser; perché, come dice lo slogan, Noi si vince perché si perde tantissimo. L’ha indossata Jana, l’ha indossata (nera) Luca; alcuni altri.

Era l’ultimo momento in cui la bilancia avrebbe segnato tre cifre.

È la testa, dicevo. E la testa può avere ferite, e non è che il tempo faccia smettere l’emorragia così, solo perché è passato.

Stamattina, sono le 11.08, ho appuntamento in palestra per una lezione di boxe.

Tutto quello che vedete, e quello che non vedete – palestra, trampolino, tennis, calcetto, corsa, e via dicendo – sta ridefinendo me e lo spazio intorno a me.

L’altro giorno sono andato a prendere un paio di jeans, perché quelli che avevo, taglia 54 – una taglia miracolosa, per me, che al matrimonio di mia sorella ho dovuto vestire una 60 -, mi erano larghi.

La commessa della Levi’s mi ha portato una 50, mi ha chiesto di vedermeli indossati; ha detto: Vuoi mezza taglia in meno?

Ho pensato: Sapessi. E ho messo via questa cintura, che non mi sta più bene. 

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23 commenti su “Storia di una cintura”

  1. Il mio problema è proprio la testa. Dovrei smaltire una decina di chili, neanche tanti, più per prevenire problemi di salute, che per estetica: guardando mia madre, che si dibatte con grande difficoltà fra svariate patologie, mi ripeto continuamente “non voglio finire come lei”, e invece cedo alle tentazioni. È vero, il mio problema è che la testa non è abbastanza convinta e trova sempre delle giustificazioni alle quali seguono gratificazioni sotto forma di dolcetto, essenzialmente.
    Quella frase lì – “sta ridefinendo me e lo spazio intorno a me” – per te è stato l’effetto, il risultato, io invece, sbagliando, pretenderei che fosse la causa, la base di partenza per iniziare il cambiamento.
    Mo’ me la segno (cit.)
    Grazie.

    1. A volte cerchiamo di correggere la testa.
      A me il consiglio d’oro l’ha dato Eliana: via tutti i selfie, via tutte le celebrazioni.
      Questa è una tappa.
      Per correggere la testa, a volte cerchiamo di lavorare con la testa.
      E invece basta chiedere alla vergogna di portarci in palestra, basta chiedere alla vergogna di pagare, spogliarci davanti agli altri, fare il lat machine con 5 kg.
      Poi arriva il tempo in cui ti dicono: Eh, per te è facile.
      E tu scegli se far parlare la vergogna, o un’altra parte di te, perché magari la vergogna se ne è andata più in là.

  2. Ne ho persi 23 e ne mancano, ancora, almeno 20.
    Ma ho dovuto imparare a mie spese e fallimenti che questa cosa di “perdere” ha un sacco di significati. Soprattutto quando devi un pó decidere cosa stai “perdendo”.
    Alla fine del percorso, perché finirò, avrò lasciato andare me, l’altra me, una parte di me…? Bisogna essere disposti, ecco.
    Ma respirare agevolmente è il mio premio quotidiano. Provo a concentrarmi su questo.
    Bravissimo tu!

    1. Confermo, totalmente.
      Ho perso i primi dodici chili in tre mesi.
      Negli ultimi tre mesi ne ho persi quattro.
      Non ho fatto più fatica negli allenamenti: ho solo dovuto abbandonare una parte di me.

  3. Bravissimo!
    È la testa. E se la testa c’è vuol dire che, nonostante i problemi e le difficoltà, è un periodo in cui si sta bene.
    E di questo sono ancora più contenta per te che di tutto il resto.
    Ciao.

  4. Sono orgogliosa di te, e di me che per coincidenza ieri l’altro mi sono detta togli. Eppure l’avevo già capito, sai quando? La volta che hai postato la foto sul tappeto elastico; mi sono detta: lui ha vinto.

  5. Altre due cose da non sottovalutare sono: a. Anche dovessi risalire oltre i 100, sai già che ci puoi riscendere, perché l’hai già fatto b. Noi ti si vuol bene sia con la taglia 60 che con la 48

    1. Conosco la soddisfazione del passaggio da tre a due cifre sulla bilancia, conosco la fatica, le cadute e il rialzarsi. Su questa strada cammino da sempre, a volte correndo e altre invece arretrando. È sempre la testa che comanda, anche se adesso alla mia età ogni tanto ci si mettono altri impicci. E c’è sempre un obiettivo, che non ti fa mollare, oppure che ti riprende per le orecchie se l’hai fatto. Per me è una chiesina bianca, a metà della parete di una montagna. La vedo ogni giorno dal mio terrazzo e, ogni giorno, mi ripeto che prima o poi ce la farò a guardare casa mia da lassù. Buon percorso Ivano, e complimenti per la strada fatta fino a qui.

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