Il rapporto con l'illustrazione

Uno dei miei primi racconti pubblicati, forse il primo, lo volle una rivista che si chiamava La luna di traverso.

Poi venni chiamato nel 2008, mi pare, da Matteo B Bianchi per scrivere un racconto per Linus.

Entrambi erano illustrati, ovviamente non da me.

Quando parlai con quelli della Luna, mi dissero: le illustrazioni le scegliamo noi in base alla suggestione che ci dà il racconto. E aggiunsero: Non protestate. A volte le illustrazioni scoprono cose del vostro racconto che voi non sapete.

È vero, e la tavola qui sopra lo testimonia. La fece Gipi per un mio racconto pubblicato su un’antologia che regalammo nel 2014, c’erano racconti miei, di Claudia Durastanti, di Marco Drago, altri. Gipi scelse il mio e l’immagine ne diventò la copertina; sotto si vede l’incipit, Mi trema ancora la mano.

L’originale ce l’ho accanto, sulla colonna. Mi ha tenuto compagnia nella casa vecchia, è qui ancora con me.

Mi ricorda varie cose.

Durante una presentazione, a Lecco, Matteo Bussola disse: “Il fumetto è lo strumento perfetto, contiene la sintesi di scrittura e disegno”. Io replicai che non è vero, la letteratura lo è: non ha nemmeno a disposizione il disegno, pensa te. Lo scritto può vivere senza altri strumenti, o meglio, deve farlo; e farlo significa dover attingere a tutte le parti oscure e creative e tecniche della scrittura.

Ciò detto, l’illustrazione ne può rivelare aspetti, e interpretazioni, che allo scrittore sono sfuggite semplicemente perché lo scrittore è una delle voci in gioco nello scritto; la più importante, perché senza di lui non c’è lo scritto intorno al quale interpretare, ma non l’unica.

L’illustratore non è un didascalizzatore, né lo è il lettore. L’illustratore è un artista che prende spunto da ciò che legge, lo interpreta nel suo linguaggio e lo restituisce. Quindi l’illustratore non è una persona che conforta la nostra scrittura; al contrario, è una persona che l’arricchisce, la elabora, la interpreta simbolicamente. Lo sappiamo che lo scarafaggio della Metamorfosi non era uno scarafaggio, ma un Ungeziefer, un insetto infestante; fu il suo primo illustratore, mi pare, a riportare quella lettura. La lettura non venne accettata da Kafka, che qui credo avesse ragione: l’illustrazione può essere spunto, perfino didascalia, rielaborazione, reinvenzione; ma non può essere distorsione di un messaggio, tanto più se si pensa che noi convertiamo le parole in immagini (provate a pensare alla protagonista di un libro che avete amato), ma che se le immagini le troviamo già convertite, riconvertirle in formato differente è difficile (provate a pensare al piccolo Harry Potter della Rowling, o a Beth Harmon de La regina degli scacchi di Tevis).

Inoltre, l’illustrazione può essere di ispirazione, e non solo di didascalia più o meno vicina. Quella de La luna di traverso era lontanissima e perfetta: sembrava che le foto, mi pare fossero foto, fossero state scattate solo per me; eppure non c’entravano nulla con l’argomento del racconto. (Avete chiara la differenza tra argomento, tema, e senso?)

Ma avrei potuto prima guardare le illustrazioni, e poi scrivere. Lo faccio spesso: vado sul mio profilo Pinterest, contiene cose che mi piacciono, che mi svegliano, che mi interessano; e poi per un qualche motivo che trovo solo io, mi metto a scrivere.

Facciamo un esempio con un pin qualsiasi, lo incollo qui. Per me deve avere alcune caratteristiche: non essere una foto in posa – i personaggi non devono posare per il lettore, ma essere visti di sfuggita, per caso, o essere seguiti senza che lo sappiano; o invitati nell’intimità, che non è posa -, deve raffigurare più di una persona, contenere un elemento ambientale forte o connotato. E, possibilmente, non deve avere personaggi famosi.

Tipo: questa è perfetta.

© Helen Levitt

Ah, a proposito. Mi è arrivata la copertina del mio nuovo saggio.

È una bomba..

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2 commenti su “Il rapporto con l’illustrazione”

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