Caffè e preghiere

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Infine, un’ultima curiosità. L’autore racconta di aver bevuto 500 tazzine di caffè mentre scriveva il libro. Per leggerlo, invece, vista la velocità di lettura indotta dall’interesse e dalla scorrevolezza, io ne ho contate al massimo sei, le mie consuete giornaliere. (Alessandra Elle su Nero & Bollente, Utet 2023)

A volte, come stamattina, penso ai miei pensieri e mi dico “Non basta”.

Sto rileggendo un vecchissimo libro di Baudrillard, Cool memories; ma dico: Non basta. Mi vengono in mente le parole dei CCCP: 

Come decidere di radersi i capelli
Di eliminare il caffè o le sigarette
Di farla finita con qualcuno o qualcosa
Una formalità, una formalità, una formalità
O una questione di qualità.

Non siamo tutto qui; non è tutto così. Ci sono stati dei momenti in cui sono stato puro, momenti nei quali la mia perseveranza è stata premiata e momenti nei quali la perseveranza viveva solo di se stessa. Momenti in cui studiavo scacchi fino alle tre di notte, con libelli de L’Italia Scacchistica che avevo comprato a un euro alle Due Torri. Momenti in cui, per sopravvivere, correvo e segnavo i tempi su un quaderno; e prima di correre mi dicevo: Se vado più lento, due flessioni ogni secondo perso per punirmi; se vado più veloce, solo una flessione ogni secondo guadagnato per premiarmi.

Tutto questo non era premio, punizione, impalcatura; era vita. Le preghiere che ho detto nel tempo erano richieste di aiuto per salvarmi.

Stamattina parlavamo con Eliana dei momenti di contatto con la vita.

Quello dell’anno scorso, le dicevo, è stato a fianco di una recinzione, a Los Angeles.

Quello di quest’anno è del 3 gennaio, forse il 4. Eravamo a Manarola; mi aveva detto “Ho bisogno di mare”.

Il mare è quella cosa che te la dimentichi, e poi quando ci torni te la ricordi. È quella cosa che quando sei innocente, ti accorgi di cos’è; quando sei colpevole, ti chiedi cosa ti dice.

Siamo arrivati a questo terrazzamento. Io ero in difficoltà, come tutte le volte che c’è da camminare; a volte sono troppo grasso, a volte troppo sudato; a volte mi fanno male le gambe, o ho i pantaloni larghi al cavallo e non li sopporto, o mi gira il cazzo perché c’è una salita.

Non ero troppo grasso, ma c’era la salita, e i pantaloni erano larghi.

Lì in alto, la mattina dopo il nostro arrivo, Eliana mi disse: Vado al mare.

Io per calmarmi mi misi a studiare scacchi su un libro di Alekhine. È uno dei miei maestri, Alekhine, anche se sto ricomponendo in questi giorni la mia idea di maestro – forse, penso, il maestro è anche quella persona che ti può far trovare una testa di maiale insanguinata davanti allo zerbino, farti temere per la vita, per ucciderti e aiutarti a trovare una nuova vita. Nell’intervista di Luca Casadei a Bonci, quello della pizza, Bonci dice: Ho dovuto scientemente uccidermi per rinascere.

Arrivò il padrone di casa, mi disse: Se stai qua, alle dieci del mattino, e taci, si sente il rumore del mare.

E tacque; e sentii Vvvusssshhh, vvvusssshhhh, vvvusssshhhhh.

Poi ci facemmo un caffè.

Qui mi venne in mente, non so nemmeno come, la citazione di Brodskij che poi ho riportato nel libro:
“Spalanchi la finestra, e la camera è subito inondata da questa nebbiolina carica di rintocchi e composta in parte di ossigeno umido, in parte di caffè e di preghiere”.

Mi piace questa frase perché è pulita. Perché mi ricorda un mondo che non c’è più, quello della nebbia – la nebbia di Amarcord e quella di  Ghirri, la nebbia di cui parla Eco, la nebbia dei romantici.

Stamattina mi sono messo a friggere salsicce sui fornelli, ho aggiunto pomodorini tagliati a metà, poi la passata di pomodoro, ci ho calato dentro il rametto dei pomodori per insaporire, sale e pepe.

Ora vado in palestra; i ragazzi, quando torneranno a casa, mangeranno quello.

La moka è sul fuoco.

Tutto questo è caffè e preghiere, penso. È contatto. Il contatto è una cosa buona.

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