Los Angeles è una città orizzontale.
Mi diverte tantissimo che ci siano persone che credono ancora che io, a Los Angeles, non ci sia mai davvero stato.
Ma uno scrittore non mente sui fatti essenziali; nasconde la verità di quelli collaterali.
Il 17 novembre ero davvero a El Segundo (CA); sono rimasto tre giorni, davvero, il jet lag mi ha lasciato sostanzialmente intatto.
Sono andato in una casa di produzione – avevo ancora le vecchie scarpe, ho comprato le nuove appena tornato a casa -, poi a consegnare un pacco all’Actor’s Studio; mi sono fermato a mangiare un panino buonissimo in un chioschetto su San Fernando Rd, la signora parlava solo spagnolo e faceva farciture eccezionali; avevo un cappotto fin troppo pesante per la temperatura di lì, intorno ai 20°C; poi sono andato a prendere il sole sull’oceano, a guardare i surfisti, passeggiare per Muscle beach.
Era la seconda volta che andavo negli USA; quando accade, non so perché, sento lo sguardo che si rastrema, come se una mia forma mentis solo lì diventasse statunitense. Non lo avrei mai pensato: mi sono sempre percepito più mediterraneo che solo italiano, e comunque con la nota napoletana dissonante in quella pianura padana che mi ha ospitato fino a ieri.
Mi avevano consigliato una libreria dell’usato che dà sull’oceano, piena di gatti. Era solo fighetta e pretenziosa, e allora sono uscito – prima non l’avrei fatto, ma da NY in poi ho cambiato il mio rapporto col viaggio, con le esperienze, gli spazi -; sono uscito subito e mi sono infilato in un locale a bere un margarita; faceva caldo.
Ho fotografato quest’auto.
Quando mi sono diretto verso i Venice Canals, passando vicino a case con le bandiere statunitensi e i sempiterni runner, ho realizzato l’orizzontalità di LA. Non è una questione di altezza di palazzi: per dire, siamo stati a New York a febbraio ’22, e lì la dimensione è evidentemente verticale; lo sviluppo ti porta a guardare in alto. Oppure: abito a Milano, e lì l’architettura ti porta a considerare il basso, ma se vuoi capire Milano, mi dice Eliana, devi continuamente alzare gli occhi. Se vuoi capire, devi muoverti verticalmente; se vuoi spostarti, orizzontalmente.
LA è orizzontale, e larga. Mi avevano detto: ci metti ore a ricongiungere i punti di Los Angeles. Ma non è quella l’esperienza che ho fatto. L’esperienza che ho fatto, e che mi ha spinto a pensare tantissimo a Los Angeles – fino a oggi, che siamo in febbraio -, è che Los Angeles come ogni spazio è uno spazio mentale; ma qui è uno spazio mentale orizzontale.
New York te la fai camminando, e ha angoli; LA non mi ha fatto vedere angoli, ma destinazioni.
Io adoro le città di angoli, e quindi come ho fatto fatica a vivere New York, così ci vorrei tornare – con uno sguardo nuovo, da 2023. Ma adoro anche le città che non capisco.
E Los Angeles tornerà.