La regola d'oro è stare
Parliamo un po’ della regola d’oro della scrittura. Potrei dire del conflitto, o – che mi piace ancora di più – dello scivolamento morale; potrei dire del personaggio, eccetera.
Ma partiamo da questi giorni. In questi giorni di trambusto è successo di tutto.
Cose che vanno dette e cose che no; nelle cose che no, il viaggio a Berlino; nelle cose che no, il matrimonio; nelle cose che vanno dette, l’uscita del libro, una lettera, le lezioni di questi giorni.
Stamattina un allievo mi ha chiesto quale sia per me la regola d’oro della scrittura. Ci ho pensato un attimo, poi gli ho detto: stare.
Se stai, le cose in scrittura accadono; se non stai, passano.
Se ci pensi, la scrittura ferma il tempo; blocca la lancetta dei secondi, quella dei minuti, a volte anche ore e giorni. Un evento che stai descrivendo, se ci stai dentro, accade; e il tempo che descrivi si ampia e si esplora, perché non ne stai solo vagliando l’aspetto temporale, ma anche quello emotivo. Due minuti di lutto, ti devi dare anche cinque pagine per scriverli; perché ci metterò più tempo a leggerli, ma il tempo, chi scrive lo sa, non è solo orizzontale ma ha anche una sua dimensione verticale.
Ieri sera facevo questo esempio. Se dico:
Ieri ho avuto paura
non si trasmette la paura. Non ci sono, di fatto, elementi perché si trasmetta la paura. Non si crea nemmeno l’empatia: lo scrittore non si è speso con generosità per crearla, e quindi lei, di fatto, non c’è.
Se invece dico:
Ieri stavo camminando con la mia compagna, quando a un tratto ci si è parato davanti agli occhi un poliziotto. Ha estratto la pistola dalla fondina, se l’è infilata in bocca; ha detto “Chiudete gli occhi ai bambini”
ecco, qui la paura si manifesta.
Ieri ho avuto paura. Quattro parole.
Le due righe sopra, che sono ancora due righe, saranno una trentina. Poche di più; eppure, che differenza. Se ci avessi speso di più, avrei ottenuto di più. Vuoi che modifichiamo la regola per renderla più precisa? Stai, e sii preciso e crudele nello stare.
Così mi piace. Questo è per me scrivere. Stare. Se stai crei la dimensione del racconto; e il lettore dice Ok, vai giù, per piacere, vengo giù con te.
Per questo a C. l’altro giorno ho fatto scrivere un’intera pagina su una donna allettata che non fa niente. Puoi non fare niente, ma non è che non succede niente.
Se stai, le considerazioni, l’essere allettati, la fatica, la noia emergono. Se dici: Restai allettata, ma dopo due settimane stetti meglio, non si gode del lutto; e quindi, neanche della luce.